IL MIO PRESEPE
Si cominciava i primi di dicembre. Occorreva liberare la
stanza che era sempre occupata da mille cose. Quella stanza al pianterreno, a
destra della porta d’ingresso. Non la cantina, quella stanza senza nome che
chiamavamo “a parte de llà”.
Mamma e babbo sistemavano due tavoli a ridosso della
finestra, esattamente di fronte alla porta della stanza che, solamente durante
i giorni del Natale, rimaneva tassativamente aperta e questo segnava l’inizio
dell’opera. Da qui in poi, e fino alla vigilia di Natale, questo diventava il
regno di babbo. Potevamo avvicinarci, ma non troppo.
Si cominciava con l’impalcatura. Rami di salice fermati ai
lati dei tavoli e legati in alto a formare un arco servivano a reggere la volta
del cielo. Anni fa era solo carta stellata poi è diventato lenzuolo bianco per
accogliere gli effetti di giorno, notte, tramonto, alba, stelle e cometa. Sul
tavolo in fondo, verso la parete venivano sistemate delle fascine per creare i
rilievi da coprire con carta roccia e, più avanti, lo specchio della toeletta
di nonna a mo’ di laghetto. La carta stagnola era il fiume che scendeva dalle
montagne fino al lago. La capanna, sistemata in primo piano, sulla sinistra,
era di legno col tetto coperto di paglia.
Nel tempo le fascine sono state sostituite da meccanismi che
imitavano la discesa della neve e da costruzioni con i pupazzetti in movimento
e lo specchio è tornato definitivamente al suo posto in camera soppiantato dal
meccanismo che permetteva all’acqua di scorrere per davvero. Anche la capanna
ha subito dei cambiamenti, si è arricchita di un angelo che si muove e da
effetti luce.
Si posizionavano le luci e i fuochi e poi era la volta del
muschio. Era necessario raccoglierlo qualche tempo prima perché si asciugasse
un poco e bisognava scegliere le “pillicce” più belle da sistemare nei punti
più in vista.
Nel frattempo era arrivata la vigilia di Natale e gli ultimi
preparativi fremevano. Era il turno di noi figlie che, finalmente potevamo
sistemare i personaggi, i “pupazzi”, gli stessi che, non meno di qualche ora
fa, ho sistemato, insieme a mia sorella, sul presepe a casa di mamma.
Bisognava fare anche l’albero. Qualche volta era un abete,
altre volte un ginepro, “jinipulu”, ed allora era un po’ più faticoso da
addobbare per via delle spine.
Si arrivava puntualmente a terminare l’opera all’ora del
cenone e mia sorella metteva il puntale quando si sentiva nell’aria l’odore di
risotto al pesce e di cavolfiore bollito.
Quest’anno abbiamo fatto il presepe senza muschio. Non
sembrava possibile renderlo decente ma le mani di mia sorella, come quelle di
babbo, hanno fatto anche quest’anno il miracolo. E la magia del presepe
continua ancora.