sabato 22 dicembre 2012

IL MIO PRESEPE


IL MIO PRESEPE
Si cominciava i primi di dicembre. Occorreva liberare la stanza che era sempre occupata da mille cose. Quella stanza al pianterreno, a destra della porta d’ingresso. Non la cantina, quella stanza senza nome che chiamavamo “a parte de llà”.
Mamma e babbo sistemavano due tavoli a ridosso della finestra, esattamente di fronte alla porta della stanza che, solamente durante i giorni del Natale, rimaneva tassativamente aperta e questo segnava l’inizio dell’opera. Da qui in poi, e fino alla vigilia di Natale, questo diventava il regno di babbo. Potevamo avvicinarci, ma non troppo.
Si cominciava con l’impalcatura. Rami di salice fermati ai lati dei tavoli e legati in alto a formare un arco servivano a reggere la volta del cielo. Anni fa era solo carta stellata poi è diventato lenzuolo bianco per accogliere gli effetti di giorno, notte, tramonto, alba, stelle e cometa. Sul tavolo in fondo, verso la parete venivano sistemate delle fascine per creare i rilievi da coprire con carta roccia e, più avanti, lo specchio della toeletta di nonna a mo’ di laghetto. La carta stagnola era il fiume che scendeva dalle montagne fino al lago. La capanna, sistemata in primo piano, sulla sinistra, era di legno col tetto coperto di paglia.
Nel tempo le fascine sono state sostituite da meccanismi che imitavano la discesa della neve e da costruzioni con i pupazzetti in movimento e lo specchio è tornato definitivamente al suo posto in camera soppiantato dal meccanismo che permetteva all’acqua di scorrere per davvero. Anche la capanna ha subito dei cambiamenti, si è arricchita di un angelo che si muove e da effetti luce.
Si posizionavano le luci e i fuochi e poi era la volta del muschio. Era necessario raccoglierlo qualche tempo prima perché si asciugasse un poco e bisognava scegliere le “pillicce” più belle da sistemare nei punti più in vista.
Nel frattempo era arrivata la vigilia di Natale e gli ultimi preparativi fremevano. Era il turno di noi figlie che, finalmente potevamo sistemare i personaggi, i “pupazzi”, gli stessi che, non meno di qualche ora fa, ho sistemato, insieme a mia sorella, sul presepe a casa di mamma.
Bisognava fare anche l’albero. Qualche volta era un abete, altre volte un ginepro, “jinipulu”, ed allora era un po’ più faticoso da addobbare per via delle spine.
Si arrivava puntualmente a terminare l’opera all’ora del cenone e mia sorella metteva il puntale quando si sentiva nell’aria l’odore di risotto al pesce e di cavolfiore bollito.

Quest’anno abbiamo fatto il presepe senza muschio. Non sembrava possibile renderlo decente ma le mani di mia sorella, come quelle di babbo, hanno fatto anche quest’anno il miracolo. E la magia del presepe continua ancora.

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