lunedì 6 settembre 2010


UNO DI NOI

Quando ero più giovane mi è capitato piuttosto spesso di sentirmi né carne né pesce. Non mi sentivo completamente accettata e di conseguenza non mi sentivo di appartenere completamente a nessun gruppo: per il coro mi sentivo abbastanza stonata, per la pallavolo ero piuttosto imbranata, i miei racconti non erano abbastanza divertenti, insomma non c’era nulla che mi facesse apparire decente agli occhi degli altri. Erano gli anni della mia adolescenza e forse anche un po’ oltre. Non è una grande novità, capita a tutti, eppure mi sembrava che tutto il mondo stesse ad osservare tutto ciò che facevo e che tutti fossero pronti a giudicare le mie azioni e che ognuna di esse meritasse sempre un parere sfavorevole.

Come direbbe Prevert, ora sono cresciuta, è cambiato il mio punto di vista verso il mondo, verso gli altri, verso le opinioni. Ho maturato una personalità mia che solo il tempo permette di sviluppare. Nel tempo sono tante le cose che ho imparato. Ora so che ci sono persone che ti sono amiche ed altre che non lo sono. So che chi mi vuole bene sa accettare anche i particolari che io trovo insopportabili, so che gli amici guardano molto oltre le apparenze. Ho imparato che tante delle idee che avevo, erano pensieri miei e solo miei, e che i giudizi che immaginavo gli altri pensassero di me, erano solo le proiezioni delle mie paure. Ho capito che tutte le volte che mi sono tirata indietro nel gruppo è stato perché IO non mi sentivo all’altezza.

Un gruppo è un insieme di persone diverse ma soprattutto di personalità diverse. Ognuno ha la propria storia, i propri pensieri, aspettative, sogni, problemi. Il gruppo è il luogo che permette di azzerare tutto, ci offre una modalità comportamentale che permette ad ognuno di esprimersi liberamente, in un modo che tutti gli altri possano comprendere. Ciò diviene possibile soltanto a due condizioni. La prima è che la personalità dei componenti sia matura in modo che si eviti proprio ciò che gli elementi del gruppo stesso si sentano prevaricati. La seconda è che non ci siano effettivamente prevaricazioni. Ci sarà un leader ma non potrà mai esserci uno al di sopra degli altri, se ciò accadesse non si potrebbe più parlare di un gruppo. Quello che penso del gruppo è che ogni elemento possa pensare dell’altro: “è uno di noi”.

A queste condizioni si ha la possibilità di sentirsi parte non di un gruppo ma di quanti gruppi si voglia senza più avere timore di sentirsi “né carne né pesce”.

Elena

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